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Il PEBA come strumento di inclusione sociale

Progettare una città inclusiva con il PEBA significa rendere fruibili e accessibili gli spazi pubblici per tutti i cittadini. Il 7 giugno abbiamo approfondito il tema insieme a:  

  • Barbara Brendolan, architetta e fondatrice dello studio Gate Engineering 
  • William del Negro, fondatore di Willeasy, start-up a vocazione sociale  
  • Erica Gaiatto, architetta dello studio Global Project Architettura Inclusiva  
  • Marina Fanari, dottoranda di ingegneria e architettura dell’Università di Cagliari 

Se non hai potuto partecipare, puoi rivedere gli interventi nel video qui sotto: 

Di cosa abbiamo discusso durante il webinar? Ecco una sintesi dei punti salienti esposti dai relatori.   

Che cos’è il PEBA? 

Letteralmente, PEBA significa Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche. Introdotto nel 1986 con l’art. 32 comma 21 della legge n. 41, e integrato con l’articolo 24 comma 9 della legge 104 del 1992, che ne ha esteso l’ambito agli spazi urbani, il PEBA è lo strumento individuato dalla nostra normativa per monitorare e superare le barriere architettoniche insistenti sul territorio.  

Il piano ha lo scopo di rilevare e classificare le barriere architettoniche presenti in una area circoscritta, e può riguardare edifici pubblici o porzioni di spazi pubblici urbani, individuare le proposte progettuali di massima per l’eliminazione delle barriere presenti, fare la stima dei costi e stabilire le priorità di intervento.  

Il concetto fondante è quello di una città per tutti, cioè di un “Piano per l’accessibilità e usabilità dell’ambiente costruito, inclusione sociale e benessere ambientale”.  

Perché il PEBA è così importante? 

In Italia, secondo i dati ISTAT 2021, ci sono 3 milioni di persone con limitazioni molto gravi, mentre quelle con limitazioni non gravi sono quasi 10 milioni. In Sardegna si tratta del 7,9% della popolazione e il 29% delle persone con disabilità vive sola. Secondo l’OMS il numero delle persone con disabilità raddoppierà entro il 2050: si passerà da 1 a 2 miliardi di persone. Attualmente l’accessibilità delle destinazioni turistiche non soddisfa neanche il 25-35% delle richieste di mercato, si prevede perciò che nei prossimi anni il turismo accessibile subirà una forte crescita. 

I princìpi dell’Universal Design 

L’Universal Design, cioè “Progettazione Universale” o “Design Universale”, è un approccio di progettazione che mira a creare prodotti, ambienti e servizi che siano accessibili e utilizzabili da parte di tutte le persone, indipendentemente dalle loro capacità, età, dimensioni o abilità. 

Il concetto promuove l’inclusione e cerca di eliminare le barriere che possono ostacolare l’accesso e l’uso di prodotti e ambienti da parte delle persone con disabilità e si basa su questi princìpi base: 

  • Uso equo 
  • Flessibilità d’uso 
  • Uso semplice e intuitivo 
  • Informazioni percepibili 
  • Tolleranza all’errore 
  • Sforzo fisico ridotto 
  • Dimensioni e spazio 

Willeasy a servizio del PEBA  

Tra gli strumenti a disposizione delle pubbliche amministrazioni e dei progettisti spicca Willeasy, startup a vocazione sociale fondata da William del Negro. Willeasy è un database globale di dati oggettivi sull’accessibilità di luoghi, eventi e strutture, a cui le persone possono accedere gratuitamente per trovare le informazioni di cui hanno bisogno per spostarsi con serenità. Scopri qui di cosa si tratta.  

PEBA e progettazione partecipata 

Collaborare con persone che vivono una disabilità porta innumerevoli benefici nella qualità dei progetti e nella fruibilità degli spazi. L’approccio partecipato è fondamentale non solo per i risultati, ma per il metodo di lavoro. Come avviene la partecipazione? Di solito ci si incontra in un ambiente condiviso e accessibile, si coinvolge un interprete LIS per confrontarsi al meglio sulle varie tematiche. Durante l’appuntamento si prende nota dei racconti e si trasferisce nelle mappature e, quando possibile, si organizzano rilievi partecipati.   

La comunità sorda e gli spazi inclusivi 

Il 5% della popolazione mondiale ha problemi di udito, in Europa sono coinvolte 70 milioni di persone, in Italia il 12% della popolazione. Uno spazio non inclusivo, per la comunità che lo utilizza, ha effetti negativi nello sviluppo dell’identità delle persone e rispetto al loro benessere. Per questo è importante eliminare ogni tipo di barriera: fisica, tecnologica, architettonica, urbanistica e alla comunicazione. 

La dottoressa Fanari ha spiegato alcuni concetti importanti come:  

  • Deaf space: la necessità di una comunità, nel proprio ambiente di vita e relazione porta le persone ad adattarsi, a cambiare, a modificare e organizzare gli spazi per favorire l’esperienza comunicativa visuale.  
  • The dorsal experience: la capacità delle persone sorde di captare informazioni attraverso la vista in una maniera differente dalle persone udenti, adattandosi allo spazio per poter eliminare l’intervallo della percezione sensitiva a 360 gradi utilizzando la propria capacità di osservare dettagli, ombre e cambi ambientali.  
  • Deaf gain: superamento della visione stigmatizzata della sordità, critica il concetto di normalità e inversione del punto di vista della società con il fine di valorizzare le capacità sensoriali, percettive ed esperienziali uniche delle persone sorde, che la società può utilizzare per migliorare la qualità di vita degli spazi costruiti. 

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